Murakami reviewing

Un totale spreco di tempo, non che di occhi, dall'inizio alla fine. 
E ora vi spiego perché...

● SPOILER ALERT 

Ero curiosissima riguardo a questo libro e l'occasione di leggerlo si è presentata proprio una volta arrivata in Giappone.
Dopo un mesetto che ero qui, mi è presa voglia di leggere e mi sono resa conto di non essermi portata dietro nessun libro. Così sono andata nel reparto 'libri in inglese' di una libreria ben fornita ma, tra tutti quei libri, quello che mi è saltato subito agli occhi è stato proprio questo.

Già dalla prima pagina avevo capito che la storia avrebbe preso una piega strana, dato che inizia con la storia di un tizio che vuole morire e in pratica non sa nemmeno il perché. E già lì...boh, prese male gratuite. Ma continuo; voglio andare avanti e vedere come si sviluppa. 

E si sviluppa male, mi dispiace dirlo, ma proprio una cosa senza alcun senso.
Il personaggio è piatto e così deve essere - 'senza colore' come dice il titolo stesso - ma, se lui non riesce a trovare una risposta in se', figuriamoci io lettrice. 

Dopo anni di amicizia intensa con quattro persone, improvvisamente tutti e quattro gli voltano le spalle e lo tagliano fuori dal loro cerchio magico. Lui non sa perché e manco se lo chiede. Accetta passivamente e intanto muore dentro e manca poco che non muoia anche fuori. Si riprende in qualche modo e appena fa amicizia con qualcuno ha sogni erotici spinti con questo qualcuno, uomo o donna che sia. Nel frattempo non ha mai smesso, in vent'anni, di sognare due delle sue ex amiche che lo montano e gli fanno fellatio a ripetizione. 
Quando, grazie all'aiuto di una tipa che non si sa perché ma gli sta dietro, decide di tornare a Nagoya a chiedere - finalmente! - ai suoi vecchi amici cosa sia successo venti anni prima, tocca imbatterci in altri tre personaggi piattissimi e preconfezionati. 
Il guru 2.0 che non ha un cuore ne' morale, oltre che lavorare in un luogo asettico (Apple style ?), il venditore di auto che lavora, ma guarda un po', proprio alla Toyota (ditta #1 di Nagoya) e la ragazza che ha sposato un vichingo e si è trasferita in Finlandia.
 Molto fantasioso eh? Aggiungeteci che tutto (questo dall'inizio alla fine del libro) è scritto in maniera veramente barbosa, tanto che ho pensato di chiudere il libro almeno una decina di volte senza mai più riaprirlo. Ma un mio principio è di concludere sempre i libri che inizio a leggere e quindi...me lo son sorbito fino alla fine.
Quando il nostro Tsukuru giunge in Finlandia appositamente per chiedere alla sua ex amica cosa sia successo all'altra ragazza, che ha intanto capito essere morta, raggiungiamo veramente il picco massimo dello schifo e della bassezza di questo libro.
Scopriamo che i tre amici avevano chiuso con lui perché l'altra - quella morta - aveva detto, in una confessione schock,  di essere stata stuprata proprio da lui, il nostro Tsukuru!
 Loro non ci credono tutt'ora perché lei era un po' svitata ma intanto fanno fuori lui dal gruppo. 
Poco importa che lui sia mezzo morto di dolore. 
Questa è stata effettivamente vittima di un qualche stupro e la prova è il bambino che porta in grembo. Abortisce e, in seguito a quest'altro schock, diventa anoressica, bulimica e ancora più disturbata. Dopo qualche anno viene trovata morta nell'appartamento in cui viveva da sola. 
Insomma, una bella storia. 
Rimane sempre il dubbio che sia stato davvero Tsukuru a stuprarla perché, ok che quella era mentalmente instabile, ma anche lui non scherza di certo. 

Mi ha veramente disturbato la morbosità insistente di Murakami nel trattare l'argomento dello stupro o del sesso disinibito in 3/3 dei suoi libri che ho letto. Perché ci deve essere sempre qualcosa di sbagliato nel sesso tanto che le 'vittime' (sempre DONNE) ne rimangono poi turbate a vita?
Nessuna che se lo viva tranquillamente o nessuna che, dopo un trauma, riesca a riprendersi o a parlarne; sempre e solo peccato e disagio, nemmeno lo avesse scritto un vescovo cattolico dell'anno Mille.
Poi, soprattutto in un libro spento e palloso come questo, usarlo come fulcro di tutto, come exploit finale, è veramente una scelta irritante. Ogni volta che c'è del mistero, un climax di suspense...alla fine cosa c'è dietro? Uno stupro.
Che fissazione.

A parte questa infelice parentesi, ho trovato il libro un insieme di banalità alla Fabio Volo mascherate da pensieri profondi miste al voler esaltare il nulla del protagonista ma in maniera veramente maldestra. Da qualche parte ho letto una recensione breve che recita "E' un libro che parla di una persona autistica" . Il punto è che non lo è. 

Come Banana Yoshimoto, Murakami fa parte di una sorta di (non)corrente nata negli anni '80 di cui gli autori rappresentanti orbitano intorno al nani mo nai, cioè il senso di vuoto dell'uomo moderno. Per descrivere i suoi personaggi, Murakami sceglie di usare toni altrettanto piatti e banali ma, alla fine della fiera, si presuppone che il libro ti regali o un'epifania sul (non) senso della vita o che, coerente con ciò che viene scritto, tu non ti metta neanche a pensare, tanto sai che dietro a tutto c'è solo il vuoto.
Ecco, a me questo libro ha lasciato addosso solo un senso di inutilità e di tempo perso unito a un senso di morbosità fastidiosa. 
Non sono certo una bacchettona o una femminista radicale io (uno dei miei libri preferiti è American Psycho tsk), ma parlare di certi argomenti senza che ne venga fuori nulla, non solo non ha senso, ma può essere anche, come dire, vagamente offensivo. 


Io un tentativo, anzi tre, di leggere Murakami l'ho fatto ma proprio non mi togliete la convinzione che sia solo un fenomeno di moda molto sopravvalutato. 
Ho avuto la conferma che anche in Giappone è così: o lo ami o lo odi e, scusatemi se mi permetto, ma temo proprio che chi dice di amarlo non abbia mai letto un vero libro in vita sua allora.






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